Manifestazioni

Festa della Carità

Via Crucis Lauro

Via Crucis Moschiano

Via Crucis Quindici-Moschiano
 

Santuario della Madonna della Carità

Festa della carità:
Le feste alla Carità hanno un carattere tradizionale abbastanza lontano nel tempo. Ma il documento rinvenuto che accenna a quelle tuttora celebrate lassù, nel lunedì d'Albis e nel lunedì di Pentecoste, è del 1868, poco più d'un secolo. Abbiamo motivo di credere, però, che esse risalgono a molto tempo prima.
Con i primi spari, all'alba, i moschianesi si avviano su, puntualmente due volte all'anno. Salgono, in processione, le confraternita delle due parrocchie del paese, e la donna, scortata dai carabinieri, porta in testa la cassa dell'oro della Madonna. Le campane del Santuario diffondono il loro richiamo che dal monte rimbalza giù per i clivi, per i tratturi, e come un'eco lontana svanisce per le vie dei paesi vicini. Sullo spiazzo, accanto al sagrato della chiesa, c'è tanta animazione: gente che arriva, bambini che si rincorrono e che schiamazzano intortorno alla fontana; l'uomo del tiro a segno che si cerca il posto.
Luigi di Nola ha già sistemata la sua bancarella colma di torroni e d'altri rustici dolcetti. I ragazzi vi accorrono intorno, e lui, bonario e paziente, seduto dietro il banco, sbriga i piccoli clienti.
Più in là, il giocattolaio ha disteso per terra un'inceratina sulla quale figura allineato tutto un piccolo mondo variopinto: pistole, tamburelli, palle, bambole, trenini.
C'è un frastuono intorno, di stridule trombette, di lamentose armoniche a bocca.
Ora non c'è più. Ma c'era, prima d'essere abbattuto, dietro la chiesa, un bel castagneto con alberi secolari. In quei giorni di festa com'era popolato! Gente sparsa, a gruppi, seduta sull'erba, intorno al panno disteso per terra, con sopra la caratteristica colazione: frittata d'uova con cipolline bianche, salame paesano, pane casareccio, una bottiglia di vino delle nostre terre ed un immancabile pezzo di pastiera di maccheroni.
Intorno a quel panno così imbandito pareva che si celebrasse un rito. Si gustavano quelle sole vivande cui era riservato tutto l'onore di quel giorno,
E in altri tempi venivano allestite nel castagneto, da Pascariello, e da Mariacarmina, delle rustiche e primitive osterie: quattro sassi ben piantati sulle zolle, con sopra una grossa caldaia di rame piena di soffritto al peperoncino ardente che bolliva alimentata dal fuoco dei rami secchi del castagneto. Poco lontana c'era la tavola con sopra una candida tovaglia odorosa di bucato alla cenere e le fumanti scodelle che invitavano i forestieri alla mensa. Molti quindicesi popolavano la nostra montagna nel lunedì di Pentecoste e quando, a schiere, ritornavano giù, verso il pomeriggio, si sentivano cantare in cori abbastanza armonici ed ordinati le antiche canzoni di « Palummella e Molinarella ».
Si sentivano da ogni punto del paese, e dalle terrazze dalle finestre si vedevano discendere giù per gli oliveti
· per le vigne della strada di Capomoschiano.
La gente entra ed esce dalla chiesa in continuazione; si reca al banco dei maestri di festa per deporre le proprie offerte. Attende la messa cantata di mezzogiorno e la predica, per sentire, ancora una volta, rievocare la leggenda della pastorella.
E quanti ragazzi attendevano i colpi scuri di mastro Nicola « o fochista »!
Tutti aspettavano con ansia il colpo finale dal quale faceva uscire la Madonna. Dall'ultimo colpo, infatti, si vedeva uscire, e discendere tra il fumo grigio degli spari, una sagoma di fantoccio appesa ai fili di un piccolo paracadute. Tutti i ragazzi con gli occhi sgranati, di meraviglia, nell'aria, acclamavano la grande magia di mastro Nicola che aveva fatto apparire la Madonna in cielo.
E' l'ora della processione che percorre una limitata zona antistante alla chiesa mentre una piccola banda ripete le sue marcette sul sagrato. Poi viene l'ora delle batterie, anzi della gara, i cui colpi, dalla montagna rimbombano per tutto il Vallo. Ogni rione del paese: Capomoschiano, Piazza e Croce, ingaggia un proprio pirotecnico al quale viene commissionata la propria batteria. Già il paese è animato dai giorni precedenti e percorso da tanta aria campanilistica.
Animatore per il rione Croce era un tempo, Ndino, un arzillo vecchietto, il quale pretendeva gli onori del trionfo a tutti i costi, fosse stata vinta o no la gara dal suo rione. I ragazzi lo innalzavano sul dorso di un somaro e tra grida e schiamazzi lo conducevano in giro per il paese. Salutava tutti sorridente e soddisfatto come un eroe, reduce trionfante da una battaglia vinta.